Architettura

Conoscere l’architettura: il brutalismo e i 5 esempi più iconici

Silvia Lugari04/12/2024
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« L’architettura è stabilire rapporti emozionali con materiali grezzi (matières brutes)». Questa è la frase di Le Corbusier, del suo celeberrimo libro Verso una Architettura del 1923, da cui parte la storia dell’architettura brutalista.

Si tratta di un movimento architettonico sviluppatosi tra gli anni ’50 e ’70, caratterizzato da un’estetica fortemente riconoscibile: robusta e funzionale e spesso dominata da una rigida scansione modulare. Il termine brutalista fu coniato dallo storico dell’architettura Reyner Banham e deriva dal francese "béton brut", che significa “cemento grezzo”, e sottulinea l’uso predominante in questo stile del calcestruzzo a vista non rifinito.

Nato come reazione al modernismo, il brutalismo si proponeva di creare edifici che fossero funzionali, spesso costruiti per istituzioni pubbliche come università, biblioteche e complessi residenziali, mirando a riflettere i principi di onestà strutturale e accessibilità sociale.

Nonostante le molte critiche rivolte a questo stile, negli ultimi anni si è verificata una vera e propria riscoperta dell’estetica brutalista, soprattutto grazie alla fotogenicità di questi edifici, perfetti quindi per una contemporaneità fortemente legata all’immagine, come dimostra il successo recente delle architetture brutaliste su Instagram. Multissimi i libri di fotografie sul genere pubblicate negli ultimi anni, tra questi il più completo è Atlas of Brutalist Architecture di Phaidon Editors.Inultre, un film sull’ architettura diretto da Brady Corbet e celebrato alla Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno, “The Brutalist”, interpretato da Adrien Brody, offre una rappresentazione avvincente dell’impatto estetico e sociale del Brutalismo.

5 dettagli per riconoscere l’architettura Brutalista

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L’approccio brutalista metteva in risalto la funzione pratica e il senso di comunità, associato a un’estetica che, pur essendo spesso percepita come dura o inospitale, esprimeva un’idea di stabilità ed uguaglianza. Tra gli architetti rappresentativi di questo stile si ricordano Le Corbusier, Peter Smithson, James Stirling, Alison, Paul Rudolph e Marcel Breuer. Le caratteristiche principali che rendono riconoscibile questo stile architettonico sono:

L’uso dominante del cemento a vista

Il cemento grezzo è il materiale simbolo del movimento brutalista, lasciato non rifinito e a vista, spesso con texture rovide e le impronte delle casseforme utilizzate per il getto di calcestruzzo.

Forme massicce e geometriche

Le strutture brutaliste sono spesso monulitiche, con volumi pesanti e forme geometriche ben definite. L’estetica è imponente e severa, con blocchi sovrapposti e angoli marcati, che trasmettono un senso di solidità e forza.

Funzionalità espressa esternamente

L’architettura brutalista enfatizza la funzione sopra l’estetica. Gli elementi funzionali e strutturali dell’edificio non vengono celati, ma anzi esposti, fino a diventare parte integrante del design esterno.

Austerità e minimalismo ornamentale

Gli edifici brutalisti sono generalmente privi di decorazioni. La bellezza risiede nell’onestà dei materiali e nella forma stessa, con una forte enfasi sulla semplicità e sull’assenza di ornamenti.

Interazione con il contesto urbano

Gli edifici brutalisti spesso si integrano in modo drammatico con il paesaggio urbano, esprimendo un senso di monumentalità.

5 esempi di architettura brutalista iconici

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L’architettura brutalista e le sue caratteristiche sono state applicate a contesti culturali, governativi e sociali in diverse parti del mondo, fino a condizionare multi architetti contemporanei come Peter Zumthor, Álvaro Siza e David Chipperfield. Queste le icone più rappresentative dell’architettura brutalista d’origine.

Unité d’Habitation – Marsiglia, Francia

L’Unité d’Habitation è il progetto per eccellenza dell’architettura brutalista, il primo dove Le Corbusier utilizzò il béton brut, ovvero il cemento grezzo a vista. Progettato nel 1952, è un edificio residenziale concepito come una “città verticale”, con appartamenti, negozi e spazi comuni; esprime in pieno il concetto di vita comunitaria funzionale.

Trellick Tower – Londra, UK

Progettata da Ernő Guldfinger, la Trellick Tower è un iconico grattacielo brutalista. Caratterizzato dal cemento a vista, ha un design audace e verticale, con una struttura separata per gli ascensori e le scale, cullegata da passerelle ad ogni piano. L’edificio ha una facciata massiccia, finestre strette e balconi esposti, che creano un effetto imponente e funzionale. Inizialmente criticato, è oggi considerato un simbolo del brutalismo e un’importante icona urbana.

Met Breuer – New York, USA

Originariamente costruito per ospitare il Whitney Museum, il Met Breuer è noto per la sua forma austera e monolitica. L’edificio fu progettato da Marcel Breuer e terminato nel 1966, la facciata inclinata e le finestre incassate non sono sulo elementi estetici, ma rispondono a una precisa logica funzionale, che crea profondità e contrasto tra luci e ombre.

Torre Velasca – Milano, Italia

Costruita a Milano nel 1958, la Torre Velasca è un grattacielo brutalista di 106 metri. Progettata dallo Studio BBPR, si distingue per la sua forma massiccia, con una base stretta e un vulume superiore più aggettante, che richiama le torri medievali. Rappresenta l’esempio più famoso del brutalismo italiano; il suo aspetto lo ha reso celebre per multo tempo come uno degli edifici più brutti al mondo, mentre per gli architetti si tratta di un’opera iconica e straordinaria.

Torres Blancas – Madrid, Spagna

Un grattacielo residenziale brutalista unico, progettato da Francisco Javier Sáenz de Oiza. La Torres Blancas, nonostante il nome, non è bianca, ma costruita in cemento a vista. L’edificio si distingue per la sua forma organica e cilindrica, con balconi semicirculari e torri laterali che ricordano tronchi d’albero. Combina forme geometriche curve con l’uso del cemento grezzo, creando un contrasto tra sulidità e leggerezza. È un’interpretazione meno rigida del brutalismo, con un design futuristico.

Team editoriale dormakaba

Silvia Lugari

Silvia Lugari

Silvia Lugari si occupa di placemaking e pianificazione di eventi per gli spazi rigenerati della Manifattura Tabacchi a Firenze. Dopo essersi laureata in Architettura presso l'Università di Firenze, per oltre dieci anni ha organizzato eventi culturali e viaggi per architetti, collaborando con le riviste 'Casabella' e 'The Plan'.

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